Agrivoltaico Via Zaccagnini - Adria

 Apprendiamo dalla consultazione dell’Albo Pretorio del Comune di Adria della proposta, avanzata dalla ditta Aei Solar Project XIX srl di Roma, di realizzazione di un impianto solare agrivoltaico della potenza di 4,76 MW che interesserebbe alcuni lotti di Via Zaccagnini, per poco più di 6 ettari di terreno.

Al momento in cui sto scrivendo queste note non è ancora stata data risposta alla richiesta del Circolo Legambiente Adria – Delta del Po di partecipare alla conferenza dei servizi prevista per il giorno 7 novembre 24 e pertanto ad oggi non disponiamo della documentazione relativa all’impianto proposto e del relativo piano agronomico.

 


Stiamo assistendo ad una siccità drammatica nel Sud, soprattutto Sicilia e Sardegna, mentre in tutto il Nord, dalla Liguria alla Romagna, ci sono alluvioni sempre più violente e sempre più distruttive, come raccontano anche le cronache delle ultime settimane e di questi giorni.

Ci sonno cittadini ed imprenditori che stanno decidendo di abbandonare le loro case ed i loro stabilimenti produttivi, alluvionati per tre volte in un anno e mezzo. Sono i nostri migranti climatici

Anche in agricoltura si sta consumando un dramma. Alcuni allevatori del meridione hanno dovuto abbattere una parte dei loro capi, perché non sapevano come dar loro da bere, altri agricoltori hanno abbandonato i loro terreni pre-desertificati.

Tutto questo non è avvenuto a causa degli impianti eolici. Tutto questo non è avvenuto a causa del fotovoltaico a terra. Tutto questo è avvenuto, invece, a causa di un’emergenza climatica che sta divorando, letteralmente, alcuni nostri territori.

La transizione ecologica, nel nostro paese, corre sempre più lentamente. La crisi climatica, invece, corre sempre più velocemente.

Quando sosteniamo un nuovo impianto rinnovabile, quando sosteniamo con forza un nuovo impianto agrivoltaico spesso ci sentiamo dire “mangeremo pannelli solari”. Per chi non è abbastanza avvezzo alla questione basterebbe osservare come tutto il mais coltivato in Polesine non diventi polenta sulle nostre tavole, e non tutta la soia coltivata in Polesine diventi latte vegetale o tofu. In realtà oltre 75.000 ettari della superficie agricola utile polesana, pari complessivamente a circa 120.000 ettari, è già oggi destinata a produrre mangime per allevamenti o prodotti da utilizzare a fini industriali/energetici.

Fino a poco tempo fa la PAC, la politica agricola comune, prevedeva la pratica del set-aside, il lasciare a riposo i campi per periodi molto lunghi, anche 20 anni, per evitare una sovrapproduzione di cereali o altri seminativi e contenere gli effetti depressivi sui prezzi agricoli, ovviamente compensando la mancata produzione erogando sostanziosi contributi finanziati attraverso la fiscalità generale.

Il nostro confort domestico, i nostri spostamenti, molte attività produttive sono fortemente energivore: la nostra società ha fame di energia. Tanta fame di tanta energia. Non vogliamo rinunciare all’illuminazione pubblica, al caldo quando fa freddo o al fresco quando fa caldo, non vogliamo rinunciare ad un viaggio con gli amici, la bella notizia è che non dobbiamo rinunciare a nulla. Solo scegliere l’energia giusta.

In un territorio a prevalente carattere agricolo, dove ognuno di noi in una stretta cerchia di parenti o conoscenti ha chi tiene l’orto o alleva galline, dove l’autoproduzione alimentare è una tradizione storicamente consolidata, incomprensibilmente, troviamo mille scuse per ostacolare l’innovazione delle energie rinnovabili. Perché coltivare le carote o l’insalata nel proprio orto non è osteggiato? Su quelle carote, su quell’insalata non pago l’iva, nessun commerciante ci paga le tasse, non c’è giro di denaro. E se mi produco l’energia che mi serve nel mio orto? E se ne produco talmente tanta oltre il mio fabbisogno che posso venderla? 

Un ettaro di girasole per fare biodiesel, un ettaro di mais coltivato intensivamente, un ettaro di pascolo, un ettaro di fotovoltaico modificano il territorio, come qualsiasi altra azione umana. Però cambia l’attore: dall’agricoltore che alla guida del suo trattore semina e raccoglie  si passa ad un soggetto che nulla ha a che vedere con l’agricoltura tradizionale. Chi è Aei Solar Project XIX srl di Roma? Vuoi vedere che è proprio da questa differenza che nasce la diffidenza verso il nuovo? Perché non c’è stata la stessa avversione per le colture intensive di mais da usare negli impianti a biomassa? O per la monotonia di un territorio dove c’erano solo campi di barbietole?

L’impianto agrivoltaico coniuga produzione agricola con un’infrastruttura tecnologica che produce energia, una struttura che può essere di supporto per l’irrigazione a goccia o altri metodi di irrigazione non convenzionale, che può ospitare linee tecnologiche di biomonitoraggio dei parassiti e monitoraggio puntuale di parametri fisici di suolo ed aria, può essere di supporto per l’elettrificazione e l’automazione dei mezzi agricoli. Offre un riparo dal sole cocente alle piante, riduce l’evapotraspirazione dei terreni, e molti studi sono concordi nel dimostrare un aumento della produzione agricola. E’ il punto di partenza di un’agricoltura nuova, che non conosciamo nel dettaglio e che possiamo solo immaginare, ma che sicuramente non è più quella del passato. E come tutti i cambiamenti porta spavento per alcuni, ma anche entusiasmo per altri.

Come quando si è passati dall’aratro trainato dai buoi ai trattori, come quando si è passati dai cavalli alle automobili. Come quando le arature profonde saranno solo un ricordo soppiantate dal minimun tillage.

Quando giriamo nei nostri territori non facciamo più caso ai pali dell’alta tensione, o ai pali del telefono o ai ripetitori della telefonia mobile, o alle torri piezometriche dell’acquedotto. E mai rinunceremo a queste infrastrutture ed ai vantaggi che portano “perché modificano il territorio”.

Se solo il costo dell’energia venisse valorizzato sul mercato sulla base del costo reale della fonte che lo genera, e tutti traessimo un vantaggio anche economico concreto ed immediato dalle energie rinnovabili, probabilmente avremmo panelli montati anche sulle cucce dei cani. Sui tetti orientati a nord qualcuno li ha già messi…

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