I fanghi come sottoprodotto inevitabile del sistema di depurazione

Proponiamo alcune valutazioni.

Punto 0

Il rifiuto principale di un depuratore civile con un trattamento delle acque di tipo meccanico, biologico e chimico è caratterizzato dai fanghi.

I fanghi che vengono prodotti in un impianto di depurazione dipendono, oltre che dal tipo di processo depurativo adottato, dagli abitanti asserviti. Da paese a paese la percentuale di asservimento ai depuratori varia, ed è altresì necessario fare una distinzione tra città ed aree extraurbane.

La quantità di fanghi che derivano da un processo depurativo dipende dalla composizione dell'acqua reflua, dal tipo di processo adottato e dalla qualità depurativa che si vuole raggiungere. Si può tuttavia stimare una produzione di fanghi pari a circa 20-45 kg SS (sostanza secca) per abitante all'anno.

Secondo quanto riportato nel “Blue book”, edito a cura di Utilitalia e Utilitas, a fronte dei volumi di scarico trattati (250 litri/ab*d), a livello nazionale la produzione media annua di fanghi, espressa in kg di sostanza secca è pari a 13,4 kg per AE.

Secondo ISPRA la produzione è variabile da 10 a 40 kg/anno pro capite negli Stati Membri UE

La quantità di acqua presente nel fango è un fattore fondamentale per la pianificazione dei costi di trattamento. Il contenuto di acqua determina infatti la natura del fango, e di conseguenza è il fattore decisivo per le possibilità di trasporto e gli attinenti costi di smaltimento.

La natura del fango ed il processo di trattamento dello stesso, influiscono e definiscono una variabile sostanza secca dello stesso. La composizione chimica, inoltre, dipende dalla qualità delle acque reflue e dal loro processo depurativo. Il contenuto di metalli pesanti è molto importante, in quanto determinano la possibilità di una eventuale rivalorizzazione dei fanghi, ad esempio in agricoltura o in compostaggio. Ultimamente abbiamo dovuto prendere atto che questa rivalorizzazione dei fanghi, non è innocua quanto inizialmente la si stimava. Nonostante siano state mantenute le norme prescritte nella valorizzazione dei fanghi in agricoltura, infatti, é stato accertato un arricchimento di metalli pesanti nei terreni.

Inoltre i fanghi provenienti dalla depurazione sono contaminati in varia misura con numerose sostanze endocrine attive (SEA). L’utilizzo dei fanghi in aree agricole porta a una notevole contaminazione dei terreni con SEA.


Punto 1

Acquevenete è il gestore del servizio idrico integrato per 505.000 abitanti di 108 comuni delle provincie di Padova, Rovigo, Vicenza, Venezia e Verona. Opera in regime di affidamento "in house" ed è una società per azioni a capitale totalmente pubblico di proprietà dei comuni soci che esercitano il potere di direzione e controllo secondo quanto previsto dalla normativa e dallo statuto.


Punto 2

Il Consiglio di Acquevenete, nella seduta del 19 maggio 2022, ha manifestato il proprio interesse, nell'ambito di una procedura di Partenariato Pubblico Privato, alla realizzazione di un impianto di essicamento di fanghi da depurazione civile con processo finale di recupero energetico ed eventualmente di materia tramite combustione a letto fluido in area idonea sita in Comune di Loreo (Ro)


Punto 3

Acquevenete produce circa 20.000 tonnellate annue di fanghi dal trattamento delle acque reflue urbane (cfr. Bilancio di Sostenibilità 2023, pag. 72. - https://www.acquevenete.it/allegati/2024/Bilancio%20di%20sostenibilita%202023.pdf).

L'impianto proposto a Loreo ha una capacità di trattamento di 60.000 ton./anno


Punto 4

I dati di produzione più aggiornati reperibili sono di ISPRA - Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale. Sono contenuti nel Rapporto Rifiuti Speciali - Edizione 2023 pag. 190 e riferiti all'anno 2021. Per quanto riguarda il Veneto i fanghi prodotti ammontano a circa 410.000 sia nell'anno 2020 che 2021.

Oltre a quello di Loreo sono in fase di VIA Regionale altri impianti simili:  Marghera (VE), per 190.000 tonnellate/anno, Ca' del Bue (VR) per 110.000 tonnellate che, sommate alla capacità di Loreo pari a 60.000 tonnellate/anno porterebbero la capacità totale di trattamento (incenerimento) degli impianti Veneti a 360.000 tonnellate/anno

Nel medesimo rapporto, a pag. 194, sono riportate anche le "destinazioni" di detti fanghi: 


E' opportuno segnalare che i quantitativi di fanghi prodotti e gestiti nello stesso anno non sono direttamente correlabili poichè i fanghi sottoposti a forme intermedie di trattamento (biologico, chimico-fisico, ricondizionamento, ...) potrebbero essere avviati ad altre operazioni di recupero/smaltimento finale.

D1: Deposito sul o nel suolo (es. discarica),
D8: Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12;
D9: Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (a esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.);
D10: Incenerimento a terra;
D13: Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti D1 a D12;
D14: Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13;

R1: Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia; R3: Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche);
R10: Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell'agricoltura o dell’ecologia;
R12: Scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11.

Punto 5

art. 127 del D.Lgs 152/06 (Testo Unico Ambientale) -  fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue:
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e (comunque solo) alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.


Punto 6

Dal processo alla centrale termoelettrica di Porto Tolle di proprietà ENEL, azienda di cui ancora oggi lo Stato detiene circa il 24% delle azioni: gli ex Amministratori delegati di Enel sono stati condannati per pericolo di disastro sanitario.


"Agli imputati è stato contestato di avere, mediante l'emissione di sostanze inquinanti, cagionato un pericolo per la pubblica incolumità, consistente nel pericolo di insorgenza o di aggravamento di malattie respiratorie e cardiovascolari nella popolazione pediatrica tra 0 e 14 anni, dal 1998 al luglio 2009; con l'aggravante, dal 1998 al 31.12.2002, che il disastro avvenne, essendosi verificato, per i bambini tra 0 e 14 anni residenti nei comuni di Porto Tolle, Rosolina, Taglio di Po, Porto Viro, Ariano nel Polesine, Loreo, Mesola, Corbola e Goro, un aumento dei ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie"

"Sul punto, è fondamentale il contributo della consulenza del 29.6.2007 svolta dal dott. Lorenzo Tomatis su incarico del Pubblico Ministero, acquisita quale atto irripetibile a seguito del decesso del consulente. Il quesito posto era se le particelle ultrafini e le nanoparticelle siano in grado di penetrare nell’organismo umano, causando o contribuendo a causare lesioni cronico - degenerative. Il dott. Tomatis, richiamando numerosi studi svolti a livello internazionale, ha evidenziato che dagli anni '90 è emerso in modo incontrovertibile un ruolo causale dell’inquinamento atmosferico nell’aumento di frequenza di patologie cardio-circolatorie e respiratorie, sia acute che croniche. In particolare, determinante negli effetti negativi sulla salute è la parte più piccola del particolato atmosferico (e specialmente il PM10 e il PM2,5, ovvero le particelle di diametro inferiore ai 10 micron e ai 2,5 micron), derivante dalla condensazione nell’atmosfera di numerose sostanze generate dai processi di combustione, soprattutto di combustibili fossili (quale quella attuata nella CTE di Porto Tolle). Tali particelle sono di dimensioni talmente piccole che possono penetrare fino alle parti più profonde dell’apparato respiratorio causando un effetto irritante (come i solfati e i nitrati) o cancerogeni (come i metalli pesanti e gli idrocarburi policiclici aromatici); successivamente, le particelle ultrafini e le nanoparticelle possono attraversare la barriera epiteliale e raggiungere organi anche distanti dai polmoni, causando infiammazioni e finanche patologie croniche flogistiche o neoplastiche (come dimostrato dagli esperimenti richiamati nella consulenza alle note da 11 a 21).
La consulenza Tomatis evidenzia poi che numerosi studi epidemiologici (tra i quali i fondamentali Harvard Six Cities Study e lo studio dell’American Cancer Society) hanno rilevato un aumento della mortalità per eventi cardiovascolari e polmonari in dipendenza dell’inquinamento atmosferico ed in particolare della concentrazione del particolato più fine e dei solfati (si vedano le note da 39 a 44); secondo studi più recenti, con un aumento di 10 microgrammi / me di PM10 si è verificato l’incremento del 1,3% della mortalità totale, del 1,4% della mortalità cardiovascolare, del 2,1% della mortalità respiratoria, del 1,4% dei ricoveri per cause respiratorie. L’inquinamento dell’aria è inoltre stato associato all’aggravamento dell'asma, soprattutto nei bambini, ed al decremento della funzionalità polmonare. Peraltro, l’esposizione a fattori di rischio in età infantile ha sia un effetto immediato che un effetto dannoso persistente per il resto della vita, aumentando il rischio di morbilità e mortalità in età adulta. Da tale analisi risulta dunque una relazione lineare tra concentrazione di PM e gli effetti avversi sulla salute, cosicché non esiste un valore soglia al di sotto del quale vi sia l’assenza di rischio di effetti nocivi per l’uomo."

"La consulenza del prof. Crosignani è idonea, dunque, a dimostrare - quantomeno fino all’anno 2002 - la sussistenza di un pericolo concreto per la pubblica incolumità, in nesso di causa con le emissioni della centrale."

"Ancora una volta le ragioni di tale decisione appaiono dunque sorrette da motivazioni strettamente economiche"

"Quanto sopra esposto rende evidente che il comportamento tenuto dagli imputati Tato e Scaroni nell’intera vicenda (dalla oltremodo ritardata ambientalizzazione della centrale ad olio - il cui iter è iniziato nel 1994 e si è effettivamente concluso nel 2005 - sino alla presentazione dei progetti di conversione a orimulsion e poi a carbone) è stato dettato dalla volontà di contenere i costi di esercizio della centrale e quindi di aumentare gli utili di impresa, omettendo di destinare sufficienti risorse alla salvaguardia della salute pubblica e dell'ambiente circostante all'impianto (di particolare pregio ed interesse naturalistico).
Quanto sopra esposto rende evidente che il comportamento tenuto dagli imputati Tato e Scaroni nell’intera vicenda (dalla oltremodo ritardata ambientalizzazione della centrale ad olio - il cui iter è iniziato nel 1994 e si è effettivamente concluso nel 2005 - sino alla presentazione dei progetti di conversione a orimulsion e poi a carbone) è stato dettato dalla volontà di contenere i costi di esercizio della centrale e quindi di aumentare gli utili di impresa, omettendo di destinare sufficienti risorse alla salvaguardia della salute pubblica e dell'ambiente circostante all'impianto (di particolare pregio ed interesse naturalistico)."


Punto 7

È importante notare che uno dei reagenti chimici utilizzati per l'abbattimento del fosforo nelle acque reflue, il cloruro ferrico, ha visto un aumento di costo del 500% nel biennio 2022/23. Questo aumento dei costi potrebbe avere un impatto significativo sulla qualità dei fanghi e sulle spese operative degli impianti di trattamento.


Punto 10


La gestione sostenibile dei fanghi di depurazione rappresenta un tema di grande attualità e interessa sia il comparto della gestione delle acque reflue sia il settore rifiuti. Questo paper fornisce un inquadramento al tema e descrive le iniziative e ricerche ENEA per quanto riguarda i processi di trattamento dei fanghi in un’ottica di economia circolare. In particolare, il laboratorio Tecnologie per l’uso e gestione efficiente di acqua e reflui è storicamente focalizzato sull’ottimizzazione di tecnologie che permettano la riduzione della produzione dei fanghi e al tempo stesso il recupero di materia e di energia.

...Gestione dei fanghi idonei al riutilizzo in ambito agricolo
Per i fanghi idonei al riutilizzo in agricoltura, le attività del laboratorio T4W sono focalizzate sull’ottimizzazione della digestione anaerobica come tecnologia privilegiata nel recupero di materia ed energia. Tale processo, infatti, riesce contestualmente a garantire la necessaria stabilizzazione del fango e consentire, da un lato, la produzione di biometano/biogas per una successiva valorizzazione energetica e, dall’altro lato, il recupero in agricoltura del digestato prodotto dal processo in virtù delle sue ottime proprietà ammendanti e fertilizzanti, laddove esso soddisfi i requisiti della normativa. Il trattamento anaerobico dei fanghi si presta a diverse misure di efficientamento, sia mediante l’introduzione di fasi di pretrattamento in grado di massimizzare le rese di conversione dei fanghi in percentuali significative di metano (es. tecnologie di ispessimento o disintegrazione cellulare), sia favorendo un maggior sfruttamento del comparto di digestione anaerobica, anche mediante il trattamento combinato di fanghi e di altre matrici organiche (ad esempio FORSU e fanghi di depurazione dell’agroindustria), ove tale pratica sia resa possibile...

...Gestione dei fanghi non idonei al riutilizzo in ambito agricolo
Laddove il fango di depurazione non abbia caratteristiche idonee allo spandimento in agricoltura, la definizione di una filiera virtuosa di trattamento in ottica di economia circolare e simbiosi industriale deve necessariamente considerare scenari di valorizzazione energetica tali da garantire un contestuale recupero di materia. Tra le tecnologie privilegiate per il trattamento dei fanghi non idonei al riutilizzo agricolo, di particolare rilevanza applicativa risulta il processo di mono-incenerimento, che offre la possibilità di recuperare fosforo dalle ceneri con ottime rese di recupero, nonché le diverse tecnologie innovative di crescente interesse, quali la pirolisi o i processi termochimici di carbonizzazione idrotermica (HTC) e liquefazione idrotermica (HTL). In tale ambito, grazie alla collaborazione tra i laboratori T4W e T4RM (Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali), e nell’ambito di un dottorato di ricerca in Metodi, modelli e tecnologie per l’ingegneria dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, co-finanziato da ENEA, Regione Lazio e ACEA, l’ENEA sta testando il processo di pirolisi dei fanghi di depurazione civili per lo sviluppo di un sistema integrato per la valorizzazione dei prodotti generati, in particolare del syngas e del biochar. All’interno del programma di Ricerca di Sistema elettrico nazionale 2022 -2024 (finanziato dal MISE ora MIMIT) e in collaborazione con l’Università della Sapienza, verrà inoltre studiata la valorizzazione del bio-olio prodotto dalla pirolisi e dal processo HTL....



La produzione di fanghi di depurazione dagli impianti di trattamento delle acque reflue continua ad aumentare e, nonostante le materie organiche e i nutrienti che questi contengono, spesso finiscono nelle discariche o negli inceneritori. Il progetto PYROCHAR ha sviluppato una tecnologia che permetterà la valorizzazione di questi fanghi di depurazione in comunità di meno di 10 000 persone – tutto a un costo molto minore rispetto allo smaltimento in discarica o negli inceneritori.



Lo smaltimento dei fanghi di depurazione è un problema sempre più urgente per l’Europa. Per questo motivo una ricerca finanziata dall’UE ha sviluppato una soluzione valida economicamente ed ecocompatibile basata sul trattamento termochimico.


In questi anni, con il costante rapporto e lavoro di ricerca con le principali università italiane, l’italiana HBI ha sviluppato, brevettato e realizzato una propria tecnologia innovativa grazie alla quale materie che oggi sono destinate alla discarica o all’incenerimento trovano nuovi utilizzi attraverso un sistema circolare che le processa permettendo di recuperare quasi completamente le materie prime, in particolare rendendo disponibili per il riuso i tre elementi preziosi che i fanghi di depurazione contengono: acqua, energia e nutrienti.

L’impianto HBI è stato in funzione presso il depuratore di Bolzano, trattando i fanghi usciti dal digestore anaerobico, e presso il sito GpLab di Fusina (Ve) dove ha trattato fanghi non digeriti.

Con la tecnologia HBI si riduce il rifiuto in uscita dal trattamento di oltre il 90% dopo aver recuperato l’acqua, sfruttato l’energia che i fanghi contengono ed estratto i nutrienti che servono all’agricoltura. 

L’impianto per il trattamento dei fanghi di depurazione sviluppato da HBI integra e rende sinergici due processi: la carbonizzazione idrotermica HTC e la gassificazione.

Inoltre, all’interno della caldaia, appositamente progettata da HBI, si raggiungono temperature di oltre 1.200 °C, condizione in cui il processo consente la completa degradazione e mineralizzazione di tutti gli inquinanti.


Punto 12

Nel punto rosso la sede prevista per l'insediamento. L'area in giallo, arancio e verde costituisce il MAB - Man and Biosphere del Delta del Po.




Uno dei principali obiettivi dello sviluppo sostenibile è il collegamento tra persone e natura. La vita è una serie incredibile di connessioni: tra le persone, tra le persone e la natura, tra la conoscenza e le azioni, attraverso il tempo e lo spazio. Se queste connessioni si rompono, mettiamo a rischio la qualità della nostra vita. Se le manteniamo forti, costruiamo un futuro che ci stimola.
Le aree della Riserva di Biosfera hanno differenti funzioni di conservazione, sviluppo e supporto logistico.

Funzione di sviluppo: incentivare e promuovere lo sviluppo sostenibile

Punto 13

ISDE esprime preoccupazioni sull'incenerimento dei fanghi a Schio e sul progetto di ampliamento dell'impianto.

L’associazione sottolinea i rischi per la salute e l’ambiente legati all’incenerimento dei fanghi di depurazione e invita a considerare soluzioni più sostenibili, in linea con le normative europee e gli obiettivi regionali del Veneto per il 2030.

L’incenerimento dei fanghi di depurazione, così come l’incenerimento dei rifiuti, comporta l’immissione nell’aria, nell’acqua e nel suolo di molti tipi di inquinanti, tra cui particolato, diossine, PFAS, PCB e metalli pesanti, sostanze in grado di agire come interferenti endocrini anche a concentrazioni molto basse e alla cui esposizione sono stati associati alcuni tipi di tumore. Il rispetto dei limiti di legge nelle emissioni non può essere considerato protettivo per la salute poiché tali molecole, una volta giunte nell’ambiente, sono di difficile degradazione e tendono dunque ad accumularsi in aria, acqua e suolo e ad entrare nella catena alimentare, come dimostrato da recenti studi di biomonitoraggio condotti nei pressi di alcuni  inceneritori in Europa  che hanno rilevato la presenza di alte concentrazioni, tali da superare i limiti UE per la sicurezza alimentare, di diossine, PCB e PFAS nella vegetazione e nelle uova di animali allevati nei pressi degli impianti. Come indicato dalla commissione europea, “il contributo maggiore al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni di gas serra proviene dalla prevenzione e dal riciclaggio dei rifiuti, mentre il Regolamento Ue 2020/852 esclude l’incenerimento tra le tecnologie che prevengono i cambiamenti climatici.  Alla luce di queste considerazioni, e in base agli articoli 9 e 32 della Costituzione Italiana, nessun ampliamento della capacità di incenerimento dovrebbe essere realizzato fino al raggiungimento in tutti i comuni della regione Veneto degli obiettivi regionali, fissati per il 2030, che sono obbligo di legge (R.D. 84% e rifiuto residuo pro capite minore di 80 Kg). Tali risultati, che peraltro permetterebbero di ridimensionare fin da ora l’impianto, sono assolutamente perseguibili seguendo l’esempio dei comuni del bacino Destra Piave, cui appartiene la ricca città di Treviso, che con i loro 40 Kg pro capite di rifiuto residuo ci ricordano che bruciare di più, oltre che inaccettabile, non è neppure necessario


Punto 14

D.Lgs. 99/1992 - Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (2) (1/circ).

...omiss...

Art. 3 - Condizioni per l'utilizzazione

1) E' ammessa l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi indicati all'art.2 solo se ricorrono le seguenti condizioni:

a) i fanghi sono stati sottoposti a trattamento (ossia a stabilizzazione per contenere/eliminare i possibili effetti igienico sanitari);

b) i fanghi sono idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno;

c) i fanghi non contengono sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente in generale.

...omiss...

La legge 16 novembre 2018 n°130 modifica il DL 109/2018 (“decreto Genova e altre emergenze”) e, all’articolo 41, introduce nuovi limiti per lo spandimento fanghi in agricoltura ai sensi del Dlgs 99/1992.

Da parecchi anni si è in attesa di una legge di riordino del settore, sia livello di regolamento europeo che di normativa italiana. La disciplina, in 30 anni, ha subito pochissime modifiche. Tra i criteri che il futuro Dlgs di modifica dovrà rispettare vi sono la revisione dei parametri, delle metodologie e dei valori, in particolare introducendo un elenco di fanghi ammissibili al trattamento e allo spandimento, con specifico riferimento ai codici del catalogo europeo dei rifiuti (Cer). Inoltre si dovranno modificare le soglie di ammissibilità della presenza di metalli pesanti, e prevedere il rilevamento obbligatorio della presenza di farmaci, nonché di sostanze perfluoroalchimiche (Pfas), in caso di provenienza dei fanghi da impianti di depurazione civile.

Punto 15

La produzione di biogas

La DA, Digestione Anaerobica, rappresenta un tema di grande attualità, in relazione sia alle esigenze di recupero dei rifiuti che di produzione di energia da fonti rinnovabili. Ciò ha portato a un mutamento nella politica di gestione dei rifiuti con la formulazione, sia a livello comunitario che nazionale, di un quadro normativo fortemente incentivante per lo sviluppo di fonti energetiche alternative. Il principale parametro per la stima della produzione del biogas è riferibile alla percentuale di solidi volatili (SV) contenuti nella sostanza organica, ovvero la quantità di materia decomponibile.

Considerando la formula bruta C18H19NO9 per i fanghi primari e C5H7NO2 per i secondari, vengono nel seguito riportati alcuni valori tipici di SV e biogas del processo di produzione, di fonte CNR: la percentuale di abbattimento di SV è del 50% nei fanghi primari e del 30% nei fanghi secondari. Considerando che l’apporto di SV nei fanghi misti è del 64% dai fanghi primari e del 36% dai fanghi secondari, essa può essere fissata al 42,8%.In termini di SV abbattuti, la produzione di biogas può essere stimata in 0,97 Sm3/kg per i fanghi primari, in 0,79 Sm3/kg per i fanghi secondari e in 0,92 Sm3/kg per i fanghi misti.
A titolo esemplificativo, in un impianto al servizio di 500.000 Abitanti Equivalenti, la produzione totale di biogas, nella digestione separata dei fanghi primari e secondari, può essere stimata rispettivamente in 8.721 e 2.420 Sm3/d per un totale di 11.141 Sm3/d, pari a una produzione specifica di 22,3 l/ab*d (congruente con il valore CNR).

L’ENEA stima dai fanghi primari una produzione di biogas tra 15 e 22 Sm3/1.000 ab*d e dai fanghi secondari 28 Sm3/1.000 ab*d, pari ad una producibilità media, pro capite di 0,022 Sm3/ab*d (22 l/ab*d).

Il biogas ottenuto è caratterizzato, da un contenuto in metano compreso tra il 50% e il 70%, avente un potere calorifico inferiore (PCI) medio pari a circa 27.900 kJ/Sm3 (6.500 kcal/Sm3).

La produzione di biogas nel 2016 è stata pari a 29.183.414 Sm3 (Standard metri cubi) corrispondente a una produzione media per impianto di 503.162 Sm3.

Estendendo tale stima al carico inquinante nazionale circa 44 milioni AE, dato ISPRA relativo agli impianti con potenzialità superiore a 50.000 AE la produzione annua di biogas risulterebbe pari a circa 139,5 milioni di Sm3.

Dall’esame dei dati riportati nel rapporto ISPRA e UTILITALIA riguardanti l’utilizzo energetico del biogas negli 87 impianti censiti si evidenzia la seguente situazione:
potenza elettrica nominale installata, 16 impianti (18,4%) hanno dichiarato un valore complessivo pari a 11,6 MW, 64 impianti (73,6%) hanno dichiarato valore “zero” e 7 impianti (8%) non hanno fornito informazioni;
- soltanto in 14 impianti (16%) è stata dichiarata una produzione di energia elettrica per 26.632 MWh;
- per la potenza termica nominale installata, 62 impianti (71,2%) hanno dichiarato un valore complessivo pari a 69,1 MW, 17 impianti (19,6%) hanno dichiarato valore “zero” e 8 impianti (9,2%) non hanno fornito informazioni;
- soltanto in 25 impianti (28,8%) è stata dichiarata una produzione di energia termica per complessivi 66.032 MWh.

...

Esempi virtuosi dal territorio. Prove di bioeconomia

Oltre ai numeri, ciò che emerge chiaro è la necessità – urgente – di agire secondo logiche differenti. Una è quella della cosiddetta “bioeconomia”, quale incrocio virtuoso tra sostenibilità ambientale e circolarità economica, in cui la modalità di sfruttamento intelligente di risorse rinnovabili di origine biologica, è indirizzato verso logiche circolari.

Qualche soggetto già si è messo in moto. Per esempio, CAP Holding ha inaugurato un progetto di simbiosi industriale tra il termovalorizzatore e il depuratore (già dotato di due biodigestori) presenti nel comune di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. L’iniziativa prevede la valorizzazione termica dei fanghi prodotti da tutti i depuratori (circa 40) gestiti del Gruppo CAP, generando calore per il teleriscaldamento (75%) e fosforo come fertilizzante (25%). A questo si aggiunge l’avvio a fine 2020 di un progetto pilota presso l’impianto di depurazione di Truccazzano, comune a nord est di Milano. Esso prevede l’installazione di un sistema di multifiltraggio per il recupero della cellulosa da impiegare nella realizzazione di compositi e biopolimeri nell’industria di plastica e bioplastica oltre che come materiale da costruzione (es. asfalto stradale), per arrivare fino alla produzione di carta o cartone riciclati.

Acea Ato2, gestore dell’Ambito Territoriale n.2 Lazio Centrale – Roma, ha sviluppato un piano di interventi per la valorizzazione dei fanghi nell’ottica dell’Economia Circolare, che trova la sua definizione nel Piano di Sostenibilità 2020-2024. Il piano coglie la duplice opportunità di ridurre il volume dei fanghi prodotti (-45% nel 2024 vs 2019) e valorizzare le matrici solide (materia e energia), attraverso interventi volti a trasformare i depuratori di maggiori dimensioni in hub per il trattamento centralizzato dei fanghi. Gli interventi includono il recupero delle sabbie tramite tecnologia soil washing, il rinnovo dei comparti di digestione anaerobica degli impianti di depurazione, il potenziamento delle linee fanghi con la realizzazione di essiccatori, l’installazione di impianti di ozonolisi e l’upgrading del biogas per la produzione di biometano da immettere nella rete.

Altri gestori, come Acquedotto Pugliese, stanno puntando sulla riduzione delle quantità di fango prodotto attraverso l’uso di serre di essiccamento che sfruttano l’energia solare e su progetti sperimentali come la produzione di gessi di defecazione partendo dal fango liquido, così come l’efficientamento delle digestioni anaerobiche con recupero energetico del gas prodotto.

In Veneto, nell’impianto di depurazione del Comune di Carbonera gestito dal gestore Alto Trevigiano Servizi (ATS), sono state implementate due tecnologie innovative nell’ambito del progetto Horizon 2020 Smart Plant: una per ridurre i consumi energetici della linea fanghi del depuratore recuperando fanghi arricchiti di fosforo (Short-Cut Enhanced Nutrients Abatement), una per produrre biologicamente polidrossialcanoati, ovvero i precursori di bioplastiche biodegradabile, dalla stessa cellulosa presente nelle acque reflue e attraverso processi fermentativi (Short-Cut Enhanced Phosphorus and PHA Recovery). Più recentemente, l’impianto di depurazione di Salvatronda (frazione del comune di Castelfranco Veneto) è stato individuato come hub per il trattamento dei fanghi gestiti dalla stessa ATS. La nuova piattaforma consentirà di ridurre il quantitativo complessivo di fanghi da smaltire con recupero di energia, grazie al biogas prodotto dalla digestione dei fanghi, e di materia, con il recupero di nutrienti quali azoto e fosforo.

CAFC, il gestore unico integrato della Provincia di Udine, ha predisposto un piano pluriennale per arrivare al trattamento centralizzato di tutti i fanghi di depurazione presso il sito di San Giorgio di Nogaro, ipotizzando costruzione di un hub per il trattamento finale dei fanghi attraverso attività di recupero energetico.

Altri, per esempio HERA, hanno optato per la valorizzazione dei “fanghi di alta qualità” come prodotto fertilizzante, quali il compost e i gessi di defecazione o avevano già avviato un percorso di valorizzazione energetica dei fanghi via digestione anaerobica con la produzione di biogas. Tra questi, SMAT Torino che ha sperimentato il primo impianto industriale europeo per la produzione di energia elettrica e termica da biogas con l’utilizzo di celle a combustibili ad ossidi solidi, oltre ad un biometanatore avanzato che trasforma il biogas prodotto da un impianto di trattamento (2 milioni di abitanti equivalenti) in biometano che viene immesso nella rete SNAM.

Sono solo alcuni esempi dei numerosi progetti di trattamento tecnologicamente avanzato dei fanghi di depurazione avviati sul territorio italiano, in particolare in quelle realtà locali ove sono presenti operatori industriali dotati di know-how e capacità di esecuzione. Molti altri sono in fase di progettazione, inseriti nella programmazione degli interventi per il nuovo periodo regolatorio 2020-2023, confermando un chiaro percorso di sviluppo secondo i principi della bioeconomia circolare.

In altre parole, i gestori industriali del Servizio idrico integrato si stanno attrezzando per rispondere a quello che fino a ieri era un problema di difficile soluzione: una risposta che si può definire integrata, dalla razionalizzazione dei sistemi di convogliamento dei reflui, alla creazione di veri e propri hub delle linee acque (depurazione) e fanghi (trattamento e recupero) al servizio dell’intero ambito territoriale di riferimento.

Un percorso di innovazione che conduce verso una maggiore centralizzazione delle reti di convogliamento delle acque reflue in linea con il quadro della nuova Tassonomia UE, che premia i progetti di trattamento delle acque reflue centralizzati.


Punto 17

I fanghi della depurazione nell'economia circolare: urge una visione d'insieme


Le scelte sul destino dei fanghi da depurazione dipendono dalla necessità di raggiungere due obiettivi principali: la protezione dell’ambiente e della salute umana e il recupero di risorse.

Se da un lato i fanghi possono contribuire a migliorare la qualità di suoli agricoli impoveriti dall’altro è fondamentale monitorarne le caratteristiche per evitare eventuali problemi all’ambiente dovuti a possibili contaminanti, valutare la quantità di nutrienti utile sulla base delle caratteristiche dei suoli e della tipologia di coltivazione ed evitarne una applicazione in quantità eccessiva sui terreni per possibile rischio di dilavamento nelle acque.

Un punto chiave per la produzione di fanghi di qualità evitando rischi di contaminazione è il controllo della composizione delle acque reflue da cui sono generati, con particolare attenzione alle acque reflue di origine industriale e al tipo di trattamento effettuato presso i depuratori.

Studi condotti su contaminanti organici accumulati nei terreni hanno indagato il loro eventuale passaggio alle piante o al bestiame senza essere tuttavia giunti attualmente a conclusioni certe sulla dannosità di questi composti per via della difficoltà di valutare gli effetti in termini di risposta fisiologica.

Le ricerche concentrate invece sui patogeni che possono arrivare al suolo e contaminare le colture per alimentazione umana o del bestiame hanno finora rilevato rischi bassi, probabilmente anche grazie alle restrizioni generalmente imposte dai Paesi membri in aggiunta a quelle già previste dalla Direttiva europea 86/278/EEC che hanno portato a trattamenti più spinti che ne riducono significativamente la carica contaminante. Si tratta di studi ancora limitati solo ad alcune tipologie di patogeni con necessità di dati più completi per poter trarre delle conclusioni certe, ma che confermano l’importanza di sottoporre i fanghi a trattamento prima dell’uso su suolo, con chiare indicazioni a livello europeo.

Del resto, c’è ormai evidenza che dagli anni ’80 ad oggi, a seguito dell’entrata in vigore di sistemi regolatori sull’uso nei terreni e il miglioramento dei processi industriali, c’è stata una sensibile diminuzione delle concentrazioni di metalli pesanti e altri contaminanti nei suoli dei Paesi dell’UE, segno che è comunque indispensabile prevedere dei limiti e delle misure chiare da rispettare per lo spandimento e che queste misure, se applicate, funzionano. A maggior garanzia della salubrità e qualità del compost avviato in agricoltura molti Paesi europei hanno anche adottato sistemi di certificazione volontaria che vanno ad affiancarsi alla normativa cogente.

Inoltre, le scelte relative ai possibili destini dei fanghi devono tenere conto degli impatti ambientali generati dalle attività stesse di trattamento, perché soluzioni che possono apparire più sicure dal punto di vista sanitario richiedono infrastrutture e processi che possono generare un impatto complessivo tutt’altro che trascurabile, richiedendo un’attenta valutazione costi-benefici delle alternative praticabili e di tutti gli aspetti connessi ad ogni scelta e soluzioni a geometria variabile per i diversi territori e contesti.   

livello sociale, l’atteggiamento di diffidenza dell’opinione pubblica è un’altra delle sfide da affrontare per arrivare a considerare i rifiuti in generale e, in particolare, i fanghi da depurazione come risorsa e non una minaccia. La costruzione di percorsi partecipativi e informativi trasparenti con i territori è in tal senso un valido sostegno per il superamento della sindrome NIMBY.

I fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue, misurati su sostanza secca, sono composti di norma da carbonio (25-35%), azoto (4-5%), fosforo (2-3%) e ossigeno (20-25%), a cui si aggiungono percentuali minori di altri elementi utili, adatti a diversi usi. Per la loro ricchezza di sostanze nutrienti e materia organica i fanghi da depurazione rappresentano una materia prima seconda che può sostenere la transizione verso l’economia circolare. Storicamente l’uso più comune è stato quello di spandimento nei terreni agricoli. È scientificamente dimostrato che l’uso dei fanghi sui terreni in sostituzione di fertilizzanti chimici comporta una serie di benefici sulle proprietà fisiche e agronomiche del suolo, grazie all’apporto di nutrienti.

Punto 19

Elenco depuratori acque reflue urbane - aggiornamento a gennaio 2024


Dal documento S-02-00_SIA valutazione alternative a pag. 16:

...La verifica condotta sui siti disponibili per la potenziale ubicazione dell’impianto di progetto, ha permesso di individuare come soluzione l’area in esame, posta in Loreo (RO), già dotata di infrastrutture valorizzabili per il conseguimento degli obiettivi, con particolar riferimento alla:
- presenza di una previgente autorizzazione A.I.A., con relativo parere di compatibilità ambientale, per un nuovo stabilimento soggetto a normativa Seveso III – Rischio di  Incidente Rilevante: DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 686 del 13 maggio 2014 - AGRIMONT s.r.l. - Stabilimento per la fabbricazione di prodotti speciali per l'industria e l'agricoltura - Comune di localizzazione: Loreo (RO). Comune interessato: Adria (RO). Giudizio favorevole di V.I.A., ai sensi del D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii. e della L.R. 10/99 e ss.mm.ii. (D.G.R. n. 1539/2011). Approvazione progetto e contestuale rilascio dell'A.I.A., ai sensi del Titolo III-bis del D.Lgs 152/2006 e ss.mm.ii. Tale impianto autorizzato, allo stato di fatto non realizzato, verrà sostituito dall’impianto di recupero di fanghi di depurazione civili (rifiuti non pericolosi) di progetto, non soggetto a normativa Seveso III e i cui impatti risultano decisamente inferiori a quelli del progetto iniziale;
- distanza da potenziali recettori etc.;
- vocazione industriale del contesto di ubicazione, con presenza di altri impianti di gestione rifiuti nelle immediate vicinanze (es. società Cartiere del Polesine S.p.A. – Loreo);
- posizione di vicinanza ai siti di produzione dei fanghi civili di cui si prevede il trattamento (depuratori).

poi, nelle conclusioni, a pagina 29, si riporta:

la scelta dell’area di ubicazione dell’impianto è stata valutata come ottimale per il perseguimento degli obiettivi di gestione del rifiuto nell’ottica di minimizzare i relativi impatti.


Dalla tabella dell'elenco dei depuratori di Acquevenete risulta evidente come la Rovigo con una capacità di 75000 AE sia baricentrica rispetto agli altri piccoli e piccolissimi depuratori presenti sul territorio. Le considerazioni cambiano ulteriormente considerando gli altri depuratori afferenti ad Acquevenete.

https://gaia.arpa.veneto.it/layers/sirav:geonode:v_depuratori


Punto 20

I fanghi trattati negli impianti di depurazione delle acque reflue, quali autorizzazioni e quali opportunità

L’art. 110 comma 1 del d.lgs. 152/2006 vieta l’utilizzo degli impianti di depurazione delle acque reflue per lo smaltimento di rifiuti. In deroga a tale comma, l’Autorità Competente può autorizzare lo smaltimento nell’impianto di depurazione di rifiuti liquidi limitatamente ad alcune tipologie compatibili con il processo di depurazione. I fanghi di depurazione prodotti fuori dallo stabilimento costituiscono rifiuti EER 190805 ai sensi della Parte Quarta del d.lgs. 152/2006 e risultano esclusi da tale deroga. Tuttavia, ai fini di una gestione virtuosa che massimizzi il recupero di risorse da tali fanghi, si valuta il loro impiego nell’ambito di una autorizzazione unica o integrata che contempli tutti i possibili impatti significativi sull’ambiente.


Punto 21

Aggiornamento del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali, 2022


Allegato A - da pag. 170 ea pag. 193
Focus di approfondimento n. 3 - Valorizzazione dei fanghi da depurazione
....
L’analisi dei dati relativi e al destino dei fanghi di depurazione evidenzia tuttavia un trend secondo cui lo smaltimento in discarica rappresenta negli ultimi anni il destino principale dei fanghi da depurazione. Da ciò nasce la necessità nella pianificazione di settore di introdurre una visione a 360° sul settore e di individuare una complessiva strategia gestionale che permetta la massima ottimizzazione gestionale delle diverse componenti al fine di incentivare la valorizzazione agronomica, laddove possibile, ma anche una gestione funzionale al possibile recupero di materia e/o di energia per le frazioni non valorizzabili nel comparto agricolo. Si tratta infatti di un tema di rilievo nell’ottica dell’economia circolare, sia dal punto di vista delle declinazioni di materia e di energia. I fanghi, così come il compost, rappresentano le principali fonti naturali di sostanza organica che può essere reintegrata nei suoli, oggi in progressivo degrado.
...  


Allegato A1 - pag. 141 e ss
Rassegna delle tecnologie di trattamento PFAS

Gli impianti di trattamento delle acque reflue sono considerati importanti vie per il trasferimento di sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS) nell'ambiente. Nel trattamento convenzionale delle acque reflue, alcuni di questi composti si accumulano nei fanghi di depurazione tramite assorbimento su solidi sospesi, rappresentando una potenziale minaccia ambientale durante lo smaltimento e il riutilizzo dei fanghi

I biosolidi offrono diversi vantaggi come nutrienti per la crescita delle piante e come materie prime per produrre energia verde, ma ci sono anche alcune sfide associate ai contaminanti emergenti (EC) che devono essere affrontate. Ad esempio, gli impianti di trattamento delle acque reflue non sono progettati per ridurre gli EC che finiscono infine nei biosolidi.

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