LEGAMBIENTE SU ACQUA ALTA A VENEZIA E MITIGAZIONE RISCHIO
Legambiente:
“Inaccettabile che ancora non sia stato approvato un Piano di
adattamento nazionale ai mutamenti climatici. Basta rincorrere
emergenze che andranno accelerando nei prossimi anni se vogliamo
proteggere persone e territori”.
Per
proteggere le nostre città e salvare la vita delle persone serve un
piano di adattamento al mutamento climatico, che tenga conto dei dati
sull’accelerazione dei cambiamenti e delle previsioni sull’aumento
dei fenomeni meteorologici estremi e dei loro impatti.
L’Italia,
infatti, dal 1998 al 2018, ha speso secondo dati Ispra circa 5,6
miliardi di euro (300 milioni all’anno) in progettazione e
realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a
fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per “riparare” i danni
del dissesto secondo dati del Cnr e della Protezione civile (un
miliardo all’anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono
stati spesi 75 miliardi di euro).
“A Venezia, in particolare – commenta il presidente di Legambiente Veneto Luigi Lazzaro, in merito all’emergenza acqua alta che ha drammaticamente investito la città – serve una prevenzione diversa da quella che è stata realizzata: dalla metà degli anni 90 in poi gran parte delle risorse è stata destinata alla realizzazione del Mose, che tuttora non è terminato, considerandolo l’unico progetto necessario a scapito di altri possibili interventi, ma soprattutto di una pianificazione che tenesse conto delle previsioni sull’innalzamento delle acque. È inoltre un’opera progettata per risolvere un problema puntuale che, oltre ai cambiamenti climatici, non tiene conto neanche degli impatti che può generare a valle o a monte”.
“A Venezia, in particolare – commenta il presidente di Legambiente Veneto Luigi Lazzaro, in merito all’emergenza acqua alta che ha drammaticamente investito la città – serve una prevenzione diversa da quella che è stata realizzata: dalla metà degli anni 90 in poi gran parte delle risorse è stata destinata alla realizzazione del Mose, che tuttora non è terminato, considerandolo l’unico progetto necessario a scapito di altri possibili interventi, ma soprattutto di una pianificazione che tenesse conto delle previsioni sull’innalzamento delle acque. È inoltre un’opera progettata per risolvere un problema puntuale che, oltre ai cambiamenti climatici, non tiene conto neanche degli impatti che può generare a valle o a monte”.
“Il
paradosso – aggiunge il vice presidente di Legambiente Edoardo
Zanchini –
è pensare che il Mose possa risolvere il problema dell’acqua alta
a Venezia, quando sappiamo che è stato pensato e progettato prima
che si prevedessero impatti climatici della portata di quelli che si
stanno verificando. Il Mose può servire per arginare alcuni livelli
d’acqua, ma non tutti, e sappiamo che gli eventi estremi sono
destinati a ripetersi con sempre maggiore frequenza e che Venezia si
troverà a dover fare i conti con un innalzamento del livello dei
mari rilevantissimo, come evidenziato anche dall’Enea. Per questo
per Venezia, come per le città e le coste più a rischio nel nostro
Paese, occorre ragionare urgentemente di un serio piano di
adattamento ai cambiamenti climatici e ai loro effetti che saranno
altrimenti sempre più devastati”.
L’ufficio
stampa Legambiente 06 86268399 – 8353
- 13 NOVEMBRE 2019
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