Venezia, 4 giugno 2014
Comunicato
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Un «sapiente»
governo delle risorse che non scontenta nessuno e che si svolge al riparo
dalla concorrenza e dalla trasparenza.
I
caratteri distintivi di questo sistema già denunciati dall’Osservatorio
Ambiente e Legalità di Venezia
Ecco a voi il Sistema. Non
abbiamo letto le carte dell'inchiesta. Sappiamo che tutti gli
inquisiti, compresi gli arrestati, sono innocenti fino a prova
contraria.Ma possiamo lo stesso descrivere alcuni degli elementi
costitutivi di questo Sistema e pure fornire qualche indicazione per
uscirne. Maghi? No, semplicemente insieme a nutrite minoranze di questi
territori in questi anni abbiamo studiato, analizzato, denunciato e
descritto quello che stava succedendo. Un Sistema, ecco cos'era.
Alimentato da soldi pubblici per opere dall'utilità incerta e dal
certo, e immenso, impatto ambientale.
Un «sapiente» governo delle
risorse che non scontenta nessuno e che si svolge al riparo dalla
concorrenza e dalla trasparenza. E così sono sopravvissuti – procedura
speciale dopo procedura speciale – pezzi importanti dell'imprenditoria
veneta e le loro proiezioni politiche.
Una regolazione sistematica
delle opere pubbliche che ha dato vita a circuiti chiusi dell'economia
locale, accessibili esclusivamente da parte di alcune imprese in
possesso dei requisiti economici e del capitale sociale necessario. In
un'intervista di un paio di anni fa rilasciata a un giornale locale, un
imprenditore veneziano dichiarava che sarebbe stato disposto a
corrompere qualcuno pur di salvare l'impresa in difficoltà ma che non
sapeva a chi rivolgersi visto che i circuiti corruttivi rimanevano
ermeticamente chiusi e accessibili solo a una élite imprenditoriale. Si
tratta di un meccanismo di «compattamento delle reti a fronte della
crescente incertezza dei mercati». Un compattamento nel quale è
difficile «discernere l'attività di malaffare» e in cui si riduce la
qualità, ma non la consistenza, del capitale sociale in circolazione.
Ma il problema non si ferma certo alle porte della laguna. Ad osservare
sistematicamente quello che accade, e che emerge, in tutta la regione –
ed è quello che ha fatto in questi due anni di attività
l'Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente Veneto, non a
caso voluto ed avviato proprio a Venezia – emergono alcuni caratteri
distintivi di questo sistema:
- L’opacità del sistema burocratico e decisionale – specie nel
settore ambientale, urbanistico-edilizio e delle opere pubbliche –
che ha permesso dapprima la realizzazione di grandi speculazioni
edilizie e in seguito l’instaurarsi di una costante
“contrattazione” tra soggetto pubblico e privato non sempre
avvenuta all’insegna della legalità e dell’interesse pubblico. In
questo contesto il sistema corruttivo, coinvolgendo diversi
livelli di comando, assume un ruolo chiave, poiché funziona come
dispositivo in grado oliare gli ingranaggi del sistema pubblico e
di allentare la sorveglianza delle istituzioni aggirando il
sistema di regole, percepito non come istanza a tutela ma come
ostacolo al libero dispiegarsi dell’attività economica. Questa
sorta di “modello Veneto” è caratterizzato da una spiccata
nebulosità, in particolare per quanto riguarda i percorsi di
approvazione e costruzione delle grandi opere pubbliche e private,
e presenta alcuni tratti distintivi come ad esempio l’ampio
ricorso all’istituto del project financing nei meccanismi di
appalto e di finanziamento o ancora la frequente applicazione di
procedure in deroga alla legislazione vigente, volte ad accelerare
i tempi di approvazione e realizzazione dei progetti ma spesso
adottate invocando impropriamente lo stato d’emergenza (com’è
avvenuto per la Superstrada Pedemontana Veneta e per il Passante
di Mestre) o del concessionario unico come a Venezia grazie alla
legge speciale per cui i lavori del Mose vengono affidati, senza
gare d'appalto, alle ditte legate al Consorzio Venezia Nuova.
- Attorno ai meccanismi finanziari ed ai
dispositivi di legge che li regolano, emerge poi una concentrazione
abnorme e anomala di poteri nell’apparato
amministrativo-burocratico regionale, che ha generato talvolta
palesi situazioni di conflitto di interessi e di compatibilità di
incarichi, portando parallelamente alla subordinazione di organi
di alta consulenza tecnico-scientifica al potere politico, come
abbiamo documentato nel caso della commissione VIA regionale,
infarcita di politici e di professionisti interessati alle stesse
opere che avrebbero dovuto analizzare.
- Un carente
ricorso agli strumenti di informazione e
partecipazione, con il risultato di incrementare il senso di
impotenza, il distacco e il grado di sfiducia dei cittadini nei
confronti dei partiti e della Pubblica Amministrazione.
Così, in presenza di una
legalità debole e di poteri molto forti, sembra essere progressivamente
venuta meno la tutela di un interesse collettivo superiore: i
meccanismi corruttivi influenzano le politiche pubbliche e le scelte
infrastrutturali al punto che «in caso di opzioni alternative, come nel
caso del Passante, si è sempre optato per la scelta più impattante dal
punto di vista ambientale e a più alto costo e margini di remunerazione
più alti» con sperpero di territori e risorse pubbliche a fini privati,
a scapito di un sistema che garantisca trasparenza e presenza di una
pluralità di attori, incidendo quindi sulla salubrità di aziende che
investono in sviluppo, e a detrimento dell’ambiente e di uno sviluppo
locale diffuso e equilibrato.
L’asservimento della funzione pubblica agli interessi del privato
corruttore ha portato allo spreco di risorse già di per sé scarse e al
deturpamento permanente del territorio.
“A fronte di interessi
privati forti c’è bisogno di misure chiare – dichiara Luigi Lazzaro - e
se questo è il contesto ci sono molti fronti su cui si può intervenire,
a cominciare dalle procedure di pianificazione e appalto per renderle
meno aggredibili da pratiche corruttive, contrastando pratiche
decisionali poco trasparenti, che allungano l’iter e producono
incertezza”. “Legambiente e l’Osservatorio Ambiente e Legalità –
prosegue Lazzaro - ha da tempo elaborato e presentato pubblicamente il
documento “Si scrive lotta alla corruzione si legge
democrazia e difesa dei beni comuni” che contiene posizioni e
proposte concrete per contrastare la corruzione e fermare i crimini
contro l’ambiente”. Di seguito rilanciamo i punti principali:
1) Piena implementazione
delle misure di prevenzione e repressione della corruzione nella
contenute nella legge 190/2012, al fine di rafforzare i meccanismi di
imparzialità degli amministratori eliminando situazioni di conflitto di
interesse e predisponendo norme sull’inconferibilità e
l’incompatibilità di incarichi.
2) Buone opere, basta con le grandi opere. Le società interessate hanno
sempre nuove grandi opere in cassetto da proporre al sistema. Le grandi
opere sono tutte prioritarie ed indispensabili? La contraddizione
scoppiata tra Valdastico Nord e Valsugana è il paradigma di questa
confusione infrastrutturale. E’ possibile che alla nostra Regione serva
qualche grande opera in meno e al suo posto un migliaio di piccole
buone opere che favoriscano invece la competizione e la risoluzione dei
tanti punti critici della mobilità di merci e persone. Occorre una moratoria
su tutte le opere in project financing finché non verrà rivisto il
sistema di finanziamento e verificata l'utilità pubblica.
3) Chiudere con la stagione
dell'emergenza e delle procedure straordinarie nella conduzione delle
opere pubbliche [Pedemonata Veneta, Valsugana, Tav in primis].
Procedure che, come denunciato dalla Corte dei Conti, hanno provocato
una «mutazione – per così dire “genetica” - delle ordinanze di
protezione civile [...], provocando una marginalizzazione dei
procedimenti di affidamento normativamente previsti [codice dei
contratti] e l’esclusione degli organi di controllo come la Corte dei
Conti o l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici». Ricordiamo
anche, a questo proposito, che l’Autorità di vigilanza sui contratti
pubblici nel 2009 sottolineava: «Si rappresenta il timore che il
sistematico ricorso a provvedimenti di natura emergenziale, celando
l’assenza di adeguate strategie di intervento per la soluzione radicale
del problema, si risolva in una sistematica ed allarmante disapplicazione
delle norme del codice degli appalti».
4) Predisporre strumenti sensati di programmazione [cave, energia,
paesaggio, rifiuti speciali...].che contengano gli indirizzi, gli
obiettivi strategici, le indicazioni concrete, gli strumenti disponibili,
i riferimenti legislativi e normativi, le opportunità finanziarie, i
vincoli, gli obblighi e i diritti per i soggetti economici operatori di
settore, per i cittadini. Sarebbe indispensabile che il Consiglio
Regionale affronti questa questione in modo chiaro e trasparente,
definisca le priorità infrastrutturali, la pianificazione territoriale
in accordo con le amministrazioni locali regionali e le parti sociali,
selezioni i bisogni reali.
5) Non solo strade. Il
ritardo infrastrutturale della nostra Regione, rispetto alle altre
regioni italiane e europee, è necessario sia colmato. L’attenzione
della politica regionale non può essere unicamente rivolta alle strade
a pagamento. Occorre investire in maniera decisa sulla ferrovia
(potenziamento della rete, apertura nuove linee ferroviarie, avvio di
società regionali opportunamente finanziate, sostegno logistico al
trasporto cargo, deciso sviluppo della intermodalità): una scelta che
darà meno occasioni di affari ai soliti noti, ma riduce il consumo di
territorio per nuove strade e migliora le condizioni di vivibilità
delle persone.
6) Stroncare la lievitazione dei costi con l'attivazione di precisi
strumenti di controllo di controllo e trasparenza. Uno studio dalla
banca Intesa San Paolo del 2008 ci dice che in Spagna un chilometro di
autostrada costa 14,6 milioni di euro mentre in Italia costa 32 milioni
di euro. Dispiacerà ad Impregilo o Mantovani, ma risparmieremo tutti
noi.
7) Avviare procedure di
partecipazione vincolanti, incisive e reali sui destini territoriali. A
fronte di una crescente domanda di giustizia, di partecipazione e di
inclusione è necessario investire da un lato nella formazione di
tecnici competenti e nella promozione della cultura della legalità e
della responsabilità, e dall’altro lato individuare processi
decisionali più inclusivi, implementando processi di attivazione
sociale.
8) Disboscare la giungla di società partecipate della Regione che hanno
avuto un ruolo rilevante, da quello che apprendiamo dai risultati
dell'inchiesta in corso, come «bancomat» - senza controlli pubblici ma
utilizzando denaro di tutti noi - delle società «cartiere» coinvolte
nell'inchiesta
La corruzione può sembrare
infatti, agli occhi di alcuni, un “reato pulito” e senza vittime; ma
essa si fonda sul presupposto e sulla convinzione che ciò che è degli
altri, ciò che è pubblico, possa essere privatizzato per favorire
interessi particolari. «Se pensiamo che la società non esista […] ma
esistano solo individui in competizione, la corruzione non danneggia
nessuno: si tratta di una semplice transazione per cui entrambi i
contraenti ne traggono beneficio – scrive Gianni Belloni, coordinatore
dell’Osservatorio Ambiente e Legalità – Se pensiamo alla società – e
all’ambiente – come un sistema complesso di cui tutti siamo parte
scopriamo che la corruzione è un reato sporco – anzi, uno “sporco
reato” che genera ingiustizia. La corruzione risulta onnipresente
quando si tratta di predare le risorse e i beni comuni. La corruzione
pilota le decisioni riguardo alle risorse pubbliche verso la
privatizzazione e il saccheggio: una delle prime vittime della
corruzione è proprio l’ambiente».
Luigi Lazzaro, presidente Legambiente
Veneto
Gianni Belloni, coordinatore Osservatorio
Ambiente e Legalità - Venezia Osservatorio Ambiente e Legalità Venezia è un
progetto di Legambiente Veneto sostenuto da Assessorato all’ambiente e
città sostenibile del Comune di Venezia (delibera n°644/2011)
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