mais ogmDa almeno un decennio i giornali italiani parlano di OGM, riportando sempre le stesse notizie: da un lato tutti i sondaggi indicano che gli italiani sono massicciamente contrari agli OGM e dall’altro dicendo che chi vi si oppone è un oscurantista, un luddista, un antiscientista a priori. A partire dagli ambientalisti.
Ma ne parlano, talvolta, anche le Istituzioni e le Associazioni ambientaliste e dei produttori: le prime di solito per lanciare roboanti proclami, le seconde per confermare che il modello non è utile per l’Italia, le terze per ribadire quello che, fin’ora, ha tenuto lontane le coltivazioni dai campi del Veneto e dell’Italia: il principio di precauzione.
Nell’ultimo anno la questione ha subito un’accelerazione preoccupante sul piano democratico, prima che ambientale.
A seguito di una coltivazione in campo aperto portata avanti (illegalmente secondo Legambiente e la Coalizione Liberi da OGM) in Friuli Venezia Giulia è avvenuta una contaminazione di DNA genetico, portato da insetti impollinatori e dal vento, attorno a quei campi. Il Corpo Forestale ha rilevato che nell’area adiacente le contaminazione era presente fino al 10% e si può dunque ipotizzare che nell’arco di un km attorno a quei campi tutte le coltivazioni di mais superino lo 0,9% di contenuto OGM, oltre al quale un prodotto deve essere etichettato come OGM. Ne deriva che il lavoro di un’azienda che da anni persegue un suo percorso di qualità andrebbe a monte per il solo fatto di trovarsi in prossimità di un’azienda che utilizza OGM. Questo lede, di fatto, la libertà di coltivare ciò che si vuole. Entro una decina di anni questo inquinamento strisciante porterebbe pressoché la totalità delle aree vocate a mais in pianura padana ed in Italia a superare la soglia dello 0,9%, rendendo di fatto impossibile per il consumatore l’acquisto di prodotti derivati da coltivazioni free OGM.
Ma  se nessuno lo vuole, se è illegale e se è un atto così violento sui diritti altrui, come mai avviene?
La spiegazione risiede nella grande confusione normativa ed interpretativa italiana, che a norme europee molto favorevoli agli OGM non ha mai opposto, quando si poteva, la cosiddetta clausola di salvaguardia (usata per esempio dalla Francia). Tale mossa non è mai stata attuata perché il centro destra (con l’esclusione della destra storica) ed una parte molto influente del PD sono favorevoli agli OGM. Senza accordo politico, quindi, non c’era possibilità di escluderli ma, al massimo, come fece il Ministro Orlando l’anno scorso, vietarne la coltivazione temporaneamente. Su tale decreto pende la spada del TAR, a cui si sono rivolti gli agricoltori proOGM (a cui negli anni non sono mai mancati i soldi per fare ricorsi e cause) e d’altronde proprio la mancanza di sanzioni in quel decreto è la ragione per cui la Regione FVG ha ritenuto di non poter intervenire per bloccare le semine di mais OGM nel suo territorio.
In realtà secondo il Ministero e secondo l’interpretazione dei legali della Coalizione Liberi da OGM, il quadro normativo esistente, seppure confuso, è sufficiente a mettere nelle condizioni le Regioni, attraverso il Corpo Forestale dello Stato, di bloccare le semine o di distruggere le coltivazioni OGM nel territorio italiano. L’unica soluzione normativa appare essere quella di realizzare norme restrittive sulla coesistenza che rendano impossibile la coltivazione di OGM sul territorio veneto: questo sarebbe però una paradossale ammissione legale del concetto della coesistenza pacifica delle coltivazioni OGM con quelle non OGM, che per Legambiente è assolutamente impossibile.
A fare le spese di questo ginepraio giuridico sono i cittadini veneti che anche comprando prodotti della tradizione rischiano comunque di incappare in OGM (dal grana padano che utilizza latte prodotto da vacche alimentate con mais e soia OGM importati dall’estero fino alla soppressa vicentina o il prosciutto di Montagnana).
Una speranza è riposta nelle parole del neo ministro Messina, che a Bruxelles martedì scorso si è schierato in favore di una revisione normativa che consenta agli Stati di dichiararsi contrari alla coltivazione nel proprio territorio. Se nel semestre italiano si riuscirà ad avere una tale modifica, il governo Renzi avrà la possibilità di fare un atto storico per l’agricoltura e per il cibo Made in Italy. Intanto il problema più pressante è come fermare le semine transgeniche di mais, che tra meno di un mese potrebbero avvenire in Veneto.
Davide Sabbadin, responsabile agricoltura Legambiente  Veneto

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